Figlicostituenti
05 Luglio 2019

di Ariela Briscuso per Strade
I nostri governanti esultano per gli ultimi dati economici dell’Istat; Salvini ha inoltre, appena una settimana fa, annunciato festante di aver trovato i 15 miliardi per la flat tax e il dynamic duo dei cinguettii leghisti (Borghi&Bagnai) e molti altri esponenti del Carroccio nazionale si stanno rallegrando per la nomina dei vertici europei, asserendo che in Europa non siamo isolati ed irrilevanti, ma abbiamo svolto un ruolo centrale ed importantissimo nell’ostacolare, tra le altre cose, la nomina di Timmermans.
Insomma, sbattendo i pugni sui tavoli — secondo la lettura grillo-leghista — ci
siamo fatti valere ottenendo di avere una presidente della Commissione
ancora più merkeliana e meno incline a cedimenti sul fronte della
flessibilità, pure così invocata dal governo gialloverde. In
tutto questo, Di Maio azzarda in una intervista al Financial Times che
la ricetta economica giallo-verde applicata in Italia verrà presto
imitata dagli altri Paesi europei.
La realtà sembra dirci altro, però: il dato dell’occupazione
conferma, almeno nell’ultimo mese, (mag. 2019- apr. 2019) il fatto
quella particolarmente bassa dei giovani rimane uno dei maggiori
problemi italiani. L’occupazione dei giovani dai 15 ai 24 è
rimasta, infatti, in termini assoluti, invariata (nonostante i
disoccupati siano calati) mentre gli inattivi sono aumentati. Si è
riscontrato, sempre in termini assoluti, al contrario, un importante
aumento degli occupati over 55.
Nonostante le vanterie leghiste sulle tasse, l’Istat ha registrato un aumento della pressione fiscale nel primo trimestre del 2019 al 38%.
Inoltre a incalzare il governo è la pressante incombenza di trovare 23
miliardi per sterilizzare le clausole IVA e anche dare corso ai tagli e
aggiustamenti che ci hanno consentito di evitare la procedura di
infrazione.
Tale situazione potrebbe evocare una metafora russa. Ne “I fratelli Karamazov”
durante il processo, ricordando Gogol, la Russia viene paragonata a una
trojka (una carrozza, nome insolitamente evocativo) che corre spedita
verso la meta mentre davanti ad essa “tutti i popoli si tirano indietro con rispetto”.
Sostituendo la Russia con l’Italia, si ha esattamente la narrazione dei
nostri governanti. Tuttavia, proseguendo nel romanzo, Ippolit
Kirillovic, il procuratore, spiega che “la nostra trojka fatale vola a rotta di collo e vola forse verso la morte” e ancora “e
se gli altri popoli si tirano indietro per ora al passaggio della
trojka che galoppa, forse non lo fanno affatto per rispetto verso di
lei, come voleva il poeta, ma semplicemente per orrore”.
L’essenza della corsa folle italiana verso lo schianto (dissimulata
in una gloriosa affermazione di sovranità) è esattamente questa. Nel 2018 il debito pubblico era 132,2% del PIL, nel 2019 si attesterà probabilmente al 133,7%, nel 2020 al 135,2%.
Continuiamo ad avere una spesa esorbitante in interessi (65 miliardi),
praticamente pari alla spesa per il mantenimento dell’intero sistema di
istruzione. L’ostinazione nel fare spesa in deficit è rappresentata come
un benefico impegno per l’economia, ignorando il fatto che fare debito
oggi significherà, visto che dovrà essere ripagato e che genererà
ulteriore spesa per interessi, aumentare le tasse domani (per quanto
possa sembrare remoto questo domani).
Questa situazione, in Italia ormai strutturale, ma oggi sempre più
allarmante ed incalzante, pone, all’evidenza, un problema di equità tra
generazioni: il benessere (spesso fittizio, spesso caduco,
perché funzionale unicamente a un consenso elettorale a breve termine)
di ieri e di oggi viene totalmente scaricato in materia di costi e
responsabilità sui lavoratori e contribuenti di domani. La
pressione fiscale (che è ora ai massimi dal 2015, e potrebbe aumentare
nei prossimi anni) opprimerà sempre di più le future generazioni (che,
tra l’altro, dovranno sostenere il peso crescente della popolazione
anziana e pensionata). I giovani, oltre a godere di tutele distributive
inferiori a quelle dei genitori, avranno anche un deficit di libertà, di
opportunità e di sostenibilità economiche dovuto a una maggiore
tassazione.
Si comprende, allora, che l’indifferenza nei confronti delle ricadute a lungo termine di provvedimenti demagogici,
indifferenza comune alla maggior parte dei governi italiani della prima
e della seconda repubblica, è oggi ancora più radicata e
irresponsabile. Irresponsabile a tal punto che non solo non ci si
preoccupa delle tasse che i nostri figli dovranno pagare per sostenere
il costo dei nostri debiti, o delle pensioni che i nostri figli o nipoti
(non) avranno, ma non ci si allarma neppure di andare incontro a una vera crisi del debito,
visto che le continue millanterie sulla lira, sui minibot o sull’oro di
Bankitalia dei gialloverdi potrebbero portarci a un’Italexit dagli
esiti imprevedibili e comunque disastrosi.
Il problema dell’irresponsabilità generazionale, dello schianto per propaganda, dello sperpero demagogico si rivela come la vera ed eterna emergenza italiana, come la vera e inguaribile malattia politica della Nazione.
Appare dunque evidente la necessità di impedire al legislatore di
comportarsi in modo sconsiderato nei confronti delle future generazioni
e, al contrario, si manifesta l’urgenza di agire secondo un principio di
responsabilità per quanto riguarda l’economia, l’ambiente, le
libertà. Ciò che si chiede al legislatore non è nulla di strabiliante: comportarsi
secondo un principio di equità intergenerazionale, che eviti di rubare
al futuro il finanziamento del presente, in termini di risorse
economiche, ambientali e anche civili.
La sostenibilità delle politiche non può misurarsi sul tempo di vita
delle generazioni che ne beneficiano. Da questo punto di vista, proprio la
spesa pensionistica, che in Italia è stata riformata con enorme
ritardo, con danni in parte non riparabili, è il simbolo
dell’irresponsabilità generazionale, perché la sostenibilità
del sistema, fino al 2011, è stata sempre garantita solo aumentando gli
oneri dei contribuenti presenti e pensionati futuri. La garanzia di sostenibilità è diventata che, di fatto, i più giovani abbiano una pensione di serie b) o c) rispetto a quella di pensionati e pensionandi delle generazioni precedenti.
Che poi la tutela dell’ambiente sia una questione
intergenerazionale fondamentale sembra più intuitivo, ma rimane tema
politicamente negletto. Che si parli di cambiamenti climatico,
inquinamento, consumo di suolo o equilibrio energetico, i termini del
confronto riguardano sempre e solo gli attuali “viventi”. Ci si
preoccupa che l’emergenza caldo possa fare male ai neonati, non che il
cambiamento climatico possa portare tra mezzo secolo quei neonati a
vivere in un continente inabitabile.
La proposta di legge di iniziativa popolare ideata e promossa da Andrea Mazziotti, denominata “Figli costituenti”,
per la costituzionalizzazione dei principi di equità tra generazioni e
di tutela dell’ambiente si rivela dunque estremamente appropriata.
L’inserimento in Costituzione di questi principi porrebbe dei vincoli
nel processo di legiferazione, e potrebbe, dall’altra parte, creare un
filone di giurisprudenza per il vaglio della sostenibilità futura delle
norme approvate dal Parlamento.
La costituzionalizzazione di principi generali viene spesso considerata una quisquilia estetico-simbolica
e non valutata nei suoi rilevanti effetti pratici. Anzi valutare il
controllo di legittimità costituzionale come qualcosa di vano o inutile
non è molto diverso dall’affermare che un vaglio della costituzionalità
delle leggi sia illegittimo, ma tale concezione — come si è fatto notare
nella sentenza del 1803 del caso Marbury v Madison che introdusse il judicial review
negli Stati Uniti — condurrebbe a interpretare le costituzioni come un
assurdo tentativo di limitare un potere di fatto non limitabile.
I limiti posti al legislatore dalla Costituzione, al
contrario, sono di fondamentale importanza per la vita stessa della
democrazia e per mantenere lo Stato di diritto: introdurre
ulteriori limiti, per prevenire l’irresponsabilità e la sconsideratezza
del legislatore che per propaganda demagogica prescinde totalmente dagli
effetti del suo operato sulle future generazioni, è estremamente utile e
lungimirante anche perché declina i limiti e le tutele
costituzionali (economiche, ma anche per i diritti e le libertà) in una
nuova chiave, aperta nel tempo. Di conseguenza si pongono, letteralmente, nuovi pilastri costituzionali per la vita del diritto (anche nel futuro).
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